La Patrona dei gitani a Saintes Maries de la Mer
Storia e leggenda
Nella cripta della chiesa-fortezza di
Saintes Maries de la Mer
sono conservate le reliquie di Sara, la Santa che, pur non essendo mai stata
canonizzata, viene portata in processione ogni 24 maggio dal 1935 con l’avallo
della Chiesa Cattolica.
Il fatto che la patrona dei gitani sia chiamata Sarah-la-Kali
è alla base dell’ipotesi che la vede legata al culto indiano della dea Kali, il
che avvalora la teoria secondo cui molte comunità Rom arrivarono dall'India
alla Francia nel IX secolo d.c.
C’è un’altra leggenda che lega Sara alle Cristiane Marie
del Mare (celebrate il 25 maggio): Maria Salomè e Maria di Giacomo, fuggite in
barca dalla Palestina nel 48 d.c. insieme ad altri discepoli, approdarono in
Gallia e si stabilirono nell'attuale Saintes Maries de la Mer di cui sono
ufficialmente Patrone.
Su come si collochi Sara in questa leggenda ci sono due
ipotesi principali: la più convalidata dice che fosse la serva delle Marie e
che le seguì probabilmente dall'Egitto (cosa che giustificherebbe il volto
nero); l’altra che vivesse già sulla costa francese, che le abbia accolte e che
si sia successivamente convertita al cristianesimo. In questo caso il volto
scuro sarebbe dovuto all'identificazione con Iside la dea egizia il cui culto
era presente in Gallia e dal quale deriva anche la figura della Vergine Nera.
Si crede che Sara sia sepolta nella Chiesa di Saintes Maries de la Mer insieme alle due Marie. I loro
corpi pare che siano stati ritrovati qui nel XV secolo durante i lavori di
ampliamento della cripta nella quale oggi troneggia la statua lignea della
Santa dei gitani, (ricoperta di 59 abiti, corone, gioielli ed ex voto), mentre
le reliquie delle Marie sono conservate in due teche di legno nella cappella
superiore.
I gitani elessero Sara come
loro protettrice ed iniziarono a frequentare la zona di Arles verso il 1438, ancora
prima che le reliquie venissero scoperte. Le prime notizie di pellegrinaggi a Saintes
Maries de la Mer risalgono però alla fine del 1400.
Il Marchese e i diritti dei gitani
E’ stato il Marchese Folco
Baroncelli 5 secoli più tardi a
fare ottenere ai gitani il diritto di venerare pubblicamente la loro Santa.
Il Marchese era poeta e
allevatore francese di nobili origini fiorentine, discepolo di Frédéric Mistral,
(esponente del felibrismo e
canonizzatore della lingua occitana),
nonché padre del mito camarguese (basato
sulle tradizioni di questa regione che rinnovò ispirandosi al Wild West Show di Buffalo Bill,
all'epoca del suo passaggio nel sud della Francia). Negli anni ’20 trasformò Sainte
Maries de la Mer in una cittadella delle tradizioni taurine ed equine, stabilì
il costume del gardian (il mandriano
provenzale), fece realizzare il simbolo della Camargue, ovvero la croce
camarguese (formata da un cuore e un'ancora, simbolo di fede, speranza e
carità) e nel 1928 fece istituire la Riserva naturale della Camargue (ponendo
le basi per l’attuale Parco naturale).
Ma è per la sua forte posizione in favore delle minoranze oppresse che il 26
maggio di ogni anno viene organizzata una giornata in memoria del Marchese,
alla presenza dei gitani, di gruppi folcloristici e dei guardiani a cavallo. I
gitani lo considerano il loro benefattore che si è battuto per i loro diritti.
In
tutte le processioni di Santa Sara e le Marie, i gardians marciano su candidi destrieri bardati di tutto punto:
cappello nero da cow-boy, jeans in pantaloni versione provenzale, camicie souleiado
colorate a piccoli disegni e croce della Camargue al collo.
Festa di Santa Sara e
delle Marie
Ogni anno
a maggio Saintes Maries de la Mer diventa il centro dell’universo Rom. Al
raduno dei gitani (circa 10.000 da tutti gli angoli del mondo) partecipano
anche migliaia di non gitani:
turisti, fotografi, hippies, amanti del Flamenco, ecc. Una moltitudine
variopinta unificata dalla musica che trasforma questo evento in una grande
festa della tolleranza che ispirò Bob Dylan per la sua One
more cup of Coffee.
Chitarre
e violini celebrano per giorni Sara che è diventata simbolo della cultura rom. Enormi
caravan e carri di legno sgargianti riempiono il lungomare e tutti i parcheggi già
diversi giorni prima del 24 maggio. Per una decina di giorni nelle strade di questo paese della
Camargue, si possono sentire violini tzigani, rumbe flamenche, canzoni
balcaniche e brani gipsy jazz. Un vero crogiolo di ritmi e melodie che
affondano le loro antiche radici nella musica popolare ebraica ed in quella
orientale, e che risentono dell’influenze di musiche tradizionali dei diversi
territori attraversati in secoli di migrazioni.
Nel
pomeriggio del 24 maggio, la Santa
Nera esce dalla chiesa sfilando su un carro trainato da 15 mansueti cavalli bianchi,
coperta di drappi e mantelli coloratissimi donati dai fedeli. Uomini, donne e
bambini a piedi nudi cantano e suonano mentre seguono la Statua cercando di
baciarla e di toccarla. Finché il corteo, dopo un tortuoso percorso attraverso
il paese, arriva alla spiaggia dove lo attendono altre centinaia di persone. I
cavalli, abituati alla folla, arrivano lentamente alla battigia e si immergono
in mare dove la Santa viene bagnata, seguita nel rito di purificazione da
credenti e non.
Ma la festa non finisce qui, continua
anche dopo la cerimonia, si va avanti a suonare e cantare dapprima sulla spiaggia, mentre i turisti cercano di asciugarsi i piedi per rimettersi le
scarpe e i guardiani riportano in chiesa la Santa, e poi di nuovo per le vie
del villaggio bevendo e danzando tutti insieme fino a notte.
Il giorno seguente una analoga processione, molto più
tranquilla, porta al mare le due Marie (foto a sinistra) accompagnate dai guardiani e dai camarguesi
nei costumi tradizionali ma senza il seguito dei gitani, mentre il terzo giorno,
il 26 maggio, per la commemorazione del Marchese, vengono organizzati giochi a
cavallo e corride non cruente nell'arena di Saintes Maries de la Mer. A questo
punto però la maggior parte dei gitani è già in partenza e il villaggio ritrova
pian piano la sua consueta tranquillità.
A Saintes Maries de la Mer non si va solo per vedere la festa dei gitani quanto per lasciarsi trasportare in un’altra dimensione. E’ un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, uno dei rari angoli di mondo scampato alla globalizzazione, originale, unico ed allo stesso tempo ricco di elementi provenienti da tradizioni diverse così ben amalgamati tra loro che sembra finto. Ed invece è uno dei posti più veri che io abbia mai conosciuto.
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