giovedì 28 febbraio 2019

Il tamburello



Il tamburello è nato insieme alla musica delle antiche civiltà del Mediterraneo e di quelle asiatiche (India), dove veniva utilizzato soprattutto durante feste, banchetti e cerimonie per accompagnare canti e danze. Ebbe un grande successo alla fine dell’800 con la Carmen di Bizet e da allora è stato associato all'immagine della zingara (lo ritroviamo anche nelle mani di Esmeralda).
Essendo antichissimo l’origine è incerta: pare che esistesse già nel II° millennio a.C. e di sicuro veniva usato dai Sumeri, dagli Ittiti e dagli ebrei mentre le sacerdotesse egizie lo suonavano nelle danze dedicate alla Dea Iside.
Fu nella Magna Grecia che assunse l’attuale forma rotonda e più tardi si diffuse in Europa con le invasioni arabe della Spagna e dell’Italia meridionale (in Calabria era già noto nel VI secolo a.C.). Nell'antica Roma lo troviamo nelle mani della Dea Cibele (foto a destra).

Per via dei sonaglini, il tamburello è stato chiamato cembalo dal Boccaccio. Ma nel Medioevo era ancora uno strumento rozzo con sonagli grossi e pesanti, veniva usato dai menestrelli, dagli attori, dai giocolieri e grazie a loro verso la metà del 1500 divenne ebbe una grande diffusione in Italia, Spagna e Francia del Sud, tanto da assumere nel 1564 il nome di Tamburello Basco (che è caratterizzato dai piattini inseriti lungo la circonferenza).

Tra il tardo Rinascimento e il Barocco, sopravvisse solo come strumento popolare in Spagna e in Italia. Nel XVIII secolo, prima della rivoluzione, la Francia lo incorporò nella sezione delle percussioni.

Nel diciottesimo secolo cominciò ad essere inserito nelle opere di grandi autori classici: il primo fu Gluk seguito da Mozart che lo utilizzo nelle Danze tedesche. Nel diciannovesimo secolo Ramziskij-Korsakov lo inserì nel Capriccio spagnolo e nella Sherasade e Strauss lo usò nella Danza di Salomè per creare un’atmosfera orientale arcaica. Ma, come abbiamo detto in apertura, a portare il tamburello all'apice della popolarità fu Bizet che lo utilizzò nella canzone dei gitani (chanson Bohème) della sua Carmen.

È tuttora molto diffuso in Turkestan, Iran, Turchia, Serbia, Albania, Siria e Marocco (dove costituisce uno strumento indispensabile per le danze sacre) e nel sud Italia (è il simbolo della Pizzica).
A seconda del paese di origine, si differenzia per la presenza di sonagli (anelli o piattini) e per le dimensioni. Esiste infatti in diverse varianti, che presentano ciascuna delle sottili differenze, per esempio il tamburello basco (detto semplicemente tamburello o cembalo) si distingue da quello a mano per la presenza di piattini/sonagli/cimbali.

(Vedi Le percussioni di Guido Facchin)

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