lunedì 28 ottobre 2019

Manuela Rapi presenta Latcho Drom, il meraviglioso docu-film musicale di Gatlif, il quale, con la sua grande maestria di regista e di musicista, ha saputo rappresentare l'evoluzione della musica e delle danze del popolo Romanì nelle diverse terre in cui si sono fermati, dall'India alla Spagna, attraverso il Nord-Africa e l'Europa dell'Est.

Domenica 1° dicembre ore 20 al Nexus Studio di Firenze
via Rismondo 14
Il film sarà proiettato su grande schermo e sarà preceduto da una breve introduzione a cura di Manuela.Non è prevista bigliettazione, la visione è gratuita, chiediamo solo un contributo di 5 euro a testa per le spese vive della struttura che ci ospita.Durata del film: 1 ora e 45 minuti

Tony Gatlif, è un regista, sceneggiatore, compositore, attore e produttore cinematografico francese. Nato ad Algeri, durante la dominazione francese, nel 1948 da padre cabilo (algerino) e da madre di etnia rom, si trasferisce con la famiglia in Francia nel 1960. Ha vinto il premio per la miglior regia al Festival di Cannes 2004 con il film Exils e due volte il Premio César per la migliore musica da film, nel 1999 con Gadjo dilo - Lo straniero pazzo e nel 2001 con Vengo - Demone flamenco.


Latcho drom (Buon Viaggio in lingua romanì) è un film documentario del 1993 che parla dei viaggi, delle musiche e delle danze dei gruppi Gipsy provenienti da Rajastan (India), Egitto, Turchia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Francia e Spagna. Gli interpreti non sono attori ma persone del popolo.
"Il regista sembra ascrivere all'emulazione dei suoni ascoltati la naturalezza con cui ogni situazione si trasforma in musica, fino a scatenare un processo di ripetizione infinito, che è il germe della tradizione e della riconoscibilità delle armonie musicali tzigane e contemporaneamente esprime in questo modo il paradosso secondo il quale, a fronte del bisogno di mantenersi ai margini dei consessi culturali che attraversano, i nomadi finiscono con il custodire l’anima delle creazioni musicali di ogni singolo popolo con cui vengono in contatto, grazie alla versatilità di apprendimento e alla disposizione a contaminare il proprio patrimonio linguistico con le scoperte fatte durante i loro spostamenti; non si tratta di copiature, ma di adattarsi ai luoghi che ospitano la storia degli zingari attraverso la costante duplicazione infinita dei ritmi ascoltati da questi depositari della memoria." cit.

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