mercoledì 29 luglio 2020

Intervista a Manuela Rapi anima gypsy

Con la danza dico sempre il vero. E Lindsay Kemp mi ha cambiato la vita”
Manuela Rapi – toscana doc – festeggia in questi giorni i suoi 20 anni in azienda. Ma qui racconta soprattutto quella che ormai da 30 anni è la sua anima gitana
di Cristiano Natili

Non fatevi ingannare dalla sua quiete apparente. Manuela Rapi è più un caos calmo. Toscana doc che proprio in questi giorni festeggia 20 anni tondi tondi in azienda - tutti trascorsi nella sede della sua amatissima Firenze – la nostra collega ha un’anima gipsy che può esplodere da un momento all’altro. Manuela balla ovunque: su un palco come per strada, in teatro o in un’arena all'aperto, basta che ci siano l’atmosfera e la musica giuste. “La danza è la parte di me più vera e importante sin da quando, a 7 anni, ho cominciato a studiare danza classica che non ho mai abbandonato. Poi ho scoperto il Flamenco ed è stato amore a prima vista”.
Manuela ha cominciato nel 1991 nella Compagnia Italiana di Balletto Spagnolo. Sotto la guida del maestro-coreografo madrileno José Fernando Hiram, ha debuttato al Teatro Rinnovati di Siena e al Festival di San Gimignano con uno spettacolo di danze tradizionali iberiche. Un battesimo del fuoco, dopo il quale non si è più fermata. Oggi è una delle coreografe e maestre di Flamenco e danze gitane più quotate in Toscana.
Ogni anno si esibisce in importanti rassegne e continua ad affinare la sua arte attraverso stage in giro per la Spagna: “Il mio cuore è diviso tra Madrid e Siviglia, città che amo profondamente. Ad eccezione di questo 2020, dove sono rimasta in Italia a causa del Coronavirus, parto spesso per aggiornarmi. Ogni anno frequento corsi intensivi di almeno una settimana con alcuni tra i migliori maestri iberici. Di recente alla Camargue, in Francia, ho scoperto la festa di Santa Sara Patrona dei gitani. A maggio, per circa dieci giorni, le strade di Saintes Maries de la Mer si riempiono di musicisti gipsy e artisti che arrivano da ogni parte del mondo. Un incredibile delirio di musica tra violini zigani e musica balcanica che ti spinge a ballare senza sosta. Per me, tutte le volte, è anche un’eccezionale esperienza formativa”.
La sua giornata tipo si articola tra Anpal Servizi e la danza: “L’azienda è un po’ come una seconda famiglia. Sono sempre stata a Firenze, la mia città. Essendo una sede piccola, il rapporto con i colleghi è molto stretto. Fino al 2005 ho lavorato nei progetti, poi mi sono occupata e tuttora mi occupo di segreteria e supporto tecnico-amministrativo”. L’elemento più interessante “è che, al di là del mio ruolo, sono coinvolta in tante attività. Il bello di stare sul territorio è proprio questo. C’è un confronto continuo con i colleghi e c’è una conoscenza a 360 gradi di quanto si sta facendo: dai progetti fino agli aspetti logistici, passando per quelli amministrativi e gestionali”. E poi c’è “la fortuna di lavorare a Firenze. Per me che amo il bello è un valore aggiunto. Ti dico solo che dalla finestra della sala riunioni si scorge la cupola del Duomo”.
Il concetto del bello è ciò che cerca Manuela nella vita di tutti i giorni. Ed è soprattutto nella danza che lo ha trovato: “L’amore per questa forma d’arte nasce dalla mia sintonia con la musica. E la danza è il disegno della musica, è ciò che le dà corpo e che la valorizza alla massima potenza. È un modo per esprimere ciò che le parole non arrivano a dire. Da qui scaturisce il principio che è alla base del mio modo di insegnare e di danzare: dire il vero attraverso la danza ed essere autentica mentre ballo”.
E allora il Flamenco e le danze gitane non potevano che essere l’approdo inevitabile per Manuela: “È il mio habitat naturale. Il Flamenco, in particolare, è prima di tutto un modo di vivere. Affonda le sue radici nell’ultimo periodo della dominazione araba sull'Andalusia, tra il 1300 e il 1400, ma il suo fascino è dovuto alla commistione di culture che lo nutrono: una fusione di influenze persiane, ebree e magrebine”. Un mix che lo rende “molto istintuale e intenso e che mi ha portata a dedicarmi anche alla danza araba e a quella gypsy orientale. Il Flamenco, come tutte le danze gitane, lascia una grande autonomia all'espressione personale del danzatore”.
In 30 anni di esperienze Manuela si è esibita in numerosi spettacoli nei principali teatri fiorentini e toscani, oltre che in festival e rassegne come l’Estate Fiorentina. Nel 2006 ha realizzato NonsoloFlamenco, uno spettacolo tutto suo che si snoda come un viaggio tra le danze spagnole con echi d’Oriente.
Ma sono tre - su tutte - le esibizioni “per me più significative. Il mio esordio nel ’91 al Teatro Rinnovati di Siena con la Compagnia Italiana di Balletto Spagnolo. Le tre edizioni di Mercantia (2014/15/16), il festival internazionale degli artisti di strada di Certaldo, dove all’interno del giardino della casa di Boccaccio ho rappresentato una performance di Flamenco andaluso da me ideata con richiami alla poesia di Montale e all'Alhambra di Granada. Infine, nel 2014, l’interpretazione di una delle zingare nella Carmen dell’Orchestra di Piazza Vittorio e messa in scena a Roma, al festival di Caracalla, davanti a 4 mila persone”.
Manuela – in particolare - ha avuto il privilegio e il merito di lavorare con alcuni tra i più grandi interpreti della danza spagnola come Antonio Marquez: “I maestri con cui mi sono perfezionata sono stati Antonio Castro, Carmela Greco e Leonor Leal.”
Tanti artisti di primo piano, tanti volti e storie che hanno segnato l’anima e il percorso artistico di Manuela. “Ma c’è un incontro, abbastanza recente, che mi ha cambiato la vita. Quello con Lindsay Kemp”. Si, proprio lui: il coreografo, attore, ballerino, mimo e regista britannico, amico e maestro di danza di David Bowie, tra gli artisti più originali del ‘900.
“L’ho conosciuto appena in tempo, un anno prima della sua morte avvenuta nell'agosto del 2018. A settembre del 2017 il Comune di Firenze ha organizzato un corso intensivo e gratuito di 5 giorni con lui. Lo stage ovviamente era a numero chiuso, riservato a pochissimi. Ho avuto il privilegio di superare la selezione e da lì mi si è aperto un mondo. L’umanità e la vitalità artistica di Lindsay non hanno eguali. Mi ha fatto capire quanto sia imprescindibile la generosità del ballerino per arrivare a toccare davvero l’anima di chi lo guarda, e quanto sia importante stabilire un contatto diretto con gli altri attraverso lo sguardo. Mi ha insegnato a tirare fuori la mia luce per illuminare chi mi circonda. Con lui è nato un rapporto bellissimo, tanto che sono riuscita a organizzare un altro seminario nel maggio seguente. Il video che ho realizzato con i momenti da lui vissuti durante questi workshop (fermati da Maria Grazia Lenzini), è stato proiettato a Londra nell'ottobre del 2018 durante lo spettacolo in sua memoria”.
Ciò che più di ogni altra cosa “resta dell’insegnamento di Lindsay è la filosofia che mi ha trasmesso in quel periodo indimenticabile. Diceva sempre che l’artista è fortunato: ha il dono di una sensibilità fuori dal comune e ha il dovere di condividere questo dono e di offrirlo con generosità, per sollevare l’animo del pubblico. Nel mio piccolo spero di non deluderlo. E spero di riuscire a far capire al più alto numero di persone possibile che la danza non è un’arte minore, ma che ha radici profonde e un linguaggio complesso”.

Da Our People luglio 2020 (newsletter di ANPAL Servizi)

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